Le mie ricerche e studi - Yogadarsana

Yogadarsana :
La Visione
dello Yoga...
Vai ai contenuti

Le mie ricerche e studi


                        
 Le relazioni Psico-Fisiche della Colonna Vertebrale
  
I muscoli e le ossa sono sotto il controllo della volontà e danno la possibilità di spostarsi nello spazio e la possibilità di agire nell’ambiente, ma le patologie che limitano la mobilità dell’apparato locomotore dal punto di vista biologico, indicano anche una limitazione della mobilità psichica, cioè la presenza  di un disagio inconscio che inibisce in parte una vita di relazione completa , costringendo spesso la persona ad una limitazione dei movimenti e della liberta espressiva .
 
I muscoli in genere , indicano forza, potenza, possibilità di conquista del mondo esterno, mentre le ossa, danno stabilità e struttura, rendono possibile la stazione eretta .
 
Il  modo di dire “farsi le ossa”  fa pensare che  l’ossificazione è importante per la sia per la sopravvivenza all’inizio della vita che negli anni della crescita per dare sostegno alla persona e poi comunque alla sopravvivenza.
 
Sostenersi e vivere sarebbe pressoché impossibile senza le ossa e una insufficiente ossificazione (osteomalacia, osteoporosi) rendono la vita molto disagiata e limitante .
 
 
L’apparato osseo-muscolare, determina la postura e il portamento di una persona, che sono indicatori comunque importanti delle caratteristiche di personalità dell’individuo : per esempio la gobba, costringe a guardare verso il basso costringendo ad un atteggiamento di umiltà.
 
Da tener presente che la stazione eretta e il guardare verso l’alto sono la tappa fondamentale dell’evoluzione, e  ciò che altera la postura indica quindi regressione non solo fisica ma anche psichica: Il corpo parla attraverso la postura e l’atteggiamento !
 
 
 
 
 
Fig.1
 
 
 
NELLO YOGA LA SPINA DORSALE  E’ IL CENTRO
 
Non esistono giovani e vecchi, esistono solo persone con una spina dorsale giovane e persone con una spina dorsale vecchia“. Qualunque praticante di yoga, in particolare nella sua versione Hatha, quella più ‘fisica’, si è probabilmente sentito ripetere molte volte questo detto.
 
Una colonna vertebrale sana e agile ha un impatto incalcolabile sulla vita di chiunque. Riuscire a mantenere una posizione correttamente eretta, per chi è in tarda età ma anche per chi passa ore della giornata davanti a un computer o alla guida di un’automobile, evita rigidità, scoliosi, sciatica, tensioni cervicali, mal di testa eccetera. Gli antichi yogin sapevano bene quanto fossero molesti questi disturbi. Nei secoli di perfezionamento della pratica hanno dedicato enormi attenzioni a mettere a punto i movimenti più adatti a preservare da inutili sforzi la colonna vertebrale. Vanno in questa direzione sia l’invito a sollevarsi da una posizione sdraiata poggiandosi sempre prima su una spalla, sia il continuo richiamo degli insegnanti di yoga ad assumere le molte posizioni a gambe incrociate o in piedi con collo e schiena rigorosamente dritti.
 
Riuscire a stare in piedi in posizione corretta – insieme a un’opportuna tonicità dell’addome – è il segreto che permette al corpo di mantenere il proprio baricentro qualche centimetro davanti alla terza vertebra lombare.
 
Cioè esattamente dove dovrebbe essere. Così il corpo è perfettamente bilanciato e il suo peso si scarica a terra nel modo corretto, senza costringerci a curvarci.


 
 
 
Fig.2
 
Ma come mostra la Fig.2 , basta un piccolo disallineamento già della testa e del collo , come quello per leggere o guardare uno smartphone o uno schermo , che la tensione muscolare di trazione dei muscoli di sostegno cervicali e dorsali per compensare la nuova posizione della testa , arriva ad uno sforzo di oltre 2 Kg ! Moltiplicato per i minuti per cui si protrae , si può facilmente immaginare che sforzo e indolenzimento comporta durante il giorno…
 
Così come la posizione scorretta del bacino , non tenuto nella posizione neutra , ma spesso in retroflessione , cioè con la linea delle anche indietro rispetto al pube , con il relativo appiattimento eccessivo della curva lombare , come nelle posizioni di seduta scorretta  e di camminata scorretta,  comportano un eccessivo affaticamento e compressione delle vertebre e muscolature lombo-sacrali , e anche dorsali nella camminata scorretta, come in  Fig.3 e Fig.4
 

 
Ma se le 4 curve della colonna esistono proprio al fine di una maggiore elasticità nell’incedere del passo e della corsa , ed anche per  una maggiore capacità di elevazione verso l’alto ,  se si vuole invece una maggiore stabilità verso il terreno come insegnano alcune discipline marziali orientali , allora è necessario al contrario , abbassare il baricentro flettendo un po’ le gambe e addrizzare la curvatura lombare in retroflessione del bacino proprio per sentire questo radicamento verso il basso indispensabile nei movimenti di discipline come il Tai Chi Chuan.
 
Meru Danda :  la Colonna Vertebrale portante del nostro corpo nello Yoga.
 
Nello Yoga molte asana  sono un vero toccasana per la nostra colonna vertebrale. Ma è chiaro che, come sempre parlando di yoga, la postura e il movimento del corpo assumono una serie di significati ben più complessi di quelli che si possono ritrovare nei comuni esercizi di ginnastica, ma il percorso di conoscenza interiore tipico dello yoga , ha un obiettivo ben più profondo che non il ‘semplice’ benessere del corpo.
 
Gli antichi maestri yoga avevano dato alla colonna vertebrale il nome di :          Meru Danda(Colonna di Meru) , proprio come il monte “Meru” che si trova sul massiccio dell’Himalaya. Un luogo considerato da diverse religioni orientali come il centro spirituale dell’universo. Un modo per rimarcare come anche il centro del nostro piccolo mondo di uomini si inserisca all’interno di una visione ben più allargata dell’esperienza umana. Infatti una colonna vertebrale dritta ha il pregio di disporre in modo corretto Sushumna, il canale in cui passano le energie sottili e che collega i chakra, i centri energetici dello yoga. Il primo, Muladhara, è situato nel plesso sacrale, quello più in alto è Ajna, sulla fronte, tra le due sopracciglia. Sono tutti collegati a Sahasrara, alla sommità del capo, il luogo della massima consapevolezza che è diverso da tutti gli altri centri delle energie sottili.
 
Quanto detto lo possiamo ritrovare anche nel  simbolismo del corpo  nella tradizione dei CHAKRA secondo gli antichi testi indiani e tibetani.
 
Nel modello dei chakra il serpente è la Kundalini che riposa addormentata nel primo chakra alla base della colonna vertebrale umana e rappresenta la forza spirituale nel corpo umano. Quando viene risvegliata e sale verso l’alto lungo la spina dorsale diventa simbolo di illuminazione e del ritorno a Dio dall’attaccamento alla materia.
  

 
Quando i conflitti irrisolti e i blocchi di energia si accumulano, uno degli organi più esposti è la colonna vertebrale: la lombalgia rivela un sovraccarico di responsabilità e il dolore costringe al riposo, l’osteoporosi indica un diradarsi delle strutture di sostegno anche a livello psichico, la scoliosi può indicare una rassegnazione distruttiva che curva la schiena.
 
Le articolazioni permettono di muoversi ma i dolori articolari limitano i movimenti fino al totale irrigidimento, che rispecchia l’irrigidirsi anche a livello comportamentale, intellettuale, affettivo
 
L’aggressività non espressa o non completamente espressa, viene manifestata a livello motorio come infiammazione delle articolazioni (l’emozione “infuocata” viene manifestata attraverso il calore e il dolore presenti nell’artrite).
 
 
Camminare eretti è una facoltà esclusiva dell’uomo, resa possibile dalla curvatura del piede, diversa da qualsiasi altra creatura vivente. La posizione eretta non è solo una tappa filogenetica,  ma anche evolutiva, per cui ogni uomo si deve riguadagnare la posizione eretta nel corso della vita, come dimostrano le varie fasi di sviluppo individuale dall’infanzia alla vecchiaia.
 
 
 
   
  
Con l’acquisizione della posizione eretta si è raggiunto anche l’uso libero degli arti superiori, che con una vita eretta e l’elevazione della testa permettono all’uomo di affrontare nuove sfide sia fisiche che psichiche ed evolvere verso una crescita completa.
 
 
Ma tutti i pesi, fardelli ,responsabilità, portano la colonna vertebrale al centro di conflitti che possono rimanere inconsci ed estrinsecarsi somaticamente con il dolore provocato dalla tensione della muscolatura paravertebrale lombare o dallo schiacciamento dei dischi intervertebrali.
 
Il peso può essere eccessivo ,l’anello fibroso cede provocando un’ernia che ci rivela una pressione eccessiva  sulla colonna vertebrale: si diviene incapaci di muoversi e di lottare, si vorrebbe gridare di dolore( lombosciatalgia ).
 
 
 
 
 
Si perde di elasticità, l’erniazione preme sulle radici nervose provocando anche paralisi delle gambe, della vescica, dell’intestino…
 
Il nucleo molle dovrebbe essere liberato dalla pressione non solo a livello fisico, ma anche a livello psichico…
 
La lombalgia insorta acutamente è detta colpo della strega, da chi si lascia ”incantare” e porta pesi non suoi, e non sa resistere all'”incanto”, riceve un colpo improvviso ( come una magia stregante…) da dietro che gli fa perdere la mobilità e libertà, e nello stesso momento, con l’immobilità lo sottrae proprio ai carichi subiti e sopportati …
 
Scrive così il dott. Klaus Thomann” Il contrasto fra la nostra condizione psicologica e l’immagine che dobbiamo dare di noi stessi all’ambiente circostante, crea una tensione ancora maggiore sulla schiena , tanto che un soggetto magari già depresso ,costretto a dimostrarsi forte e determinato , finirà per tendere all’inverosimile i muscoli dorsali , lombari e cervicali!...Se i pazienti invece scoprono che la loro postura è correlata alla loro condizione psicologica hanno molte più possibilità di guarire , proprio agendo contemporaneamente sulla propria postura e sul proprio corpo-mente…”
 
 
Dato che queste affezioni costringono al riposo, è bene sempre ascoltare le esigenze del corpo, e abbandonare i pesi superflui e le responsabilità eccessive  a favore di una gestione dei carichi più proporzionata alle nostre capacità e ad un maggior tempo di riposo e recupero delle energie spese…
 
 
 
LA COLONNA VERTEBRALE: UN CENTRO ENERGETICO
 
Un chakra (una ruota di energia) è un incrocio di vie energetiche, un punto nodale, un centro di energia, una porta, un turbine o un vortice e molto di più. A livello scientifico i chakra sono ancora completamente sconosciuti, poiché gli odierni strumenti di misura sono ancora troppo grossolani per essere in grado di percepire le vibrazioni più sottili.
 
I chiaroveggenti e i radioestesisti possono misurare questi centri di energia, la cui esistenza è descritta da migliaia di anni. Anche la moderna fotografia dell’aura può mostrare solo in parte questi campi energetici e rappresentare i centri di energia dell’uomo.
Nuovi apparecchi di misurazione vengono comunque inventati in continuazione. Si pensi che 25 anni fa, sull’agopuntura in Europa erano tutti scettici al riguardo, pensando che cose del genere non esistessero, nonostante venissero insegnate da secoli in Estremo Oriente. Oggi l’agopuntura è un metodo curativo riconosciuto, e insegnato nelle Università di tutto il mondo e praticato da tantissimi medici.

 
Ogni punto di agopuntura è in realtà un piccolo chakra e l’uomo è attraversato da meridiani e canali energetici come lo è dai vasi sanguigni. La principale via energetica nell’uomo è la colonna vertebrale, con il midollo spinale. In essa scorre un flusso di energia, la cosiddetta energia vitale. Nello Yoga questa principale corrente energetica viene chiamata energia Kundalini, anche se si sta ancora discutendo su cosa sia esattamente, ma si può immaginarla come una parte dell’energia creativa e  primordiale della vita.
 
La colonna vertebrale energetica ha aree e sezioni con diverse frequenze e perciò è anche un centro di controllo per il rifornimento di energia dell’individuo come il sistema nervoso e i meridiani.
 
Nell’agopuntura e nella riflessologia, influenzando i centri energetici si influisce anche sulle aree che sono rifornite da questo centro. Questo spiega perché, correggendo la spina dorsale, si riesca anche a pensare e a usare meglio il cervello.
 
L’energia non è solo forza e vitalità, ma anche e sempre informazione. Immaginiamo una radio….Noi non siamo in grado di percepire le onde radio, tuttavia esistono e sono misurabili. Sono onde energetiche(elettro-magnetiche) con diverse frequenze.
 
Quando abbiamo un ricevitore radio con altoparlanti, dapprima udiamo solo rumore e crepitio. Quando però sintonizziamo il ricevitore sulla giusta frequenza, allora come per miracolo, udiamo un linguaggio e, se capiamo questo linguaggio, allora abbiamo delle informazioni. L’energia quindi, non è solo energia, ma è intelligenza e consapevolezza!
 
La spina dorsale da un punto di vista simbolico si potrebbe correlare anche  con l’accumulazione delle esperienze di vita.
 
Alcuni dicono corrisponda a una “scala”, ovvero ogni vertebra (o metamero) sarebbe un gradino di esperienza e in certa misura forse di consapevolezza: la colonna è composta da 33 vertebre.
 
Alla fine della scala e delle esperienze di vita rappresentate dalla colonna, ovvero compiuti i 33 scalini attraverso un movimento attivo, si prospetta una liberazione.
 
 
La colonna è il nesso di giunzione delle 3 cavità: cranio, torace e bacino.
 
La colonna è ciò che assicura la connessione: una linea verticale che unisce, cioè fa da ponte tra i 3 livelli (Terra, Uomo, Cielo), connettendo ciò che è Sacro
 
(ma separato, messo in riserva, con riferimento all’osso sacro) , con l’Alto da cui esso proviene (simboleggiato dalla volta cranica).
 
Le curve della colonna, come un serpente, ci ricordano che la vita si ha nel movimento e il movimento dell’esperienza non è lineare e retto, ma si adegua ai vuoti e ai pieni.
 
La colonna vertebrale è sempre di centrale importanza nella pratica dello Yoga:
tramite posture, respirazioni, mudra, bandha, meditazioni e affermazioni .
 
Sulla quale avviene un lavoro mirato e completo che trasforma le emozioni, scioglie traumi, e libera il corpo e le energie sottili.
 
La colonna vertebrale, quale portatore dei canali energetici centrali, non solo spesso subisce tensioni e dolori, ma si possono formare blocchi energetici che causano malesseri semplici e molto diffusi come il mal di schiena, ma anche problemi organici, fino alle depressioni, e perfino blocchi spirituali.
 
 *****************************************************
 
 
 
Fig. 5
 
 


L’asse della Colonna si compone di:                    (Fig. 5)  
 
 
5 sacrali, fuse:  e sono la connessione tra microcosmo (uomo) e macrocosmo (tutto l’intorno). Il Sacro è il bambino, per cui tutto il mondo è se stesso (tutto “mio”), unito al mondo ma allo stesso tempo separato, non ancora formato (le vertebre fuse) ma ancora al massimo delle sue potenzialità, ancora connesso con l’Uno. Problemi sacrali sono problemi delle fondamenta.
 
5 lombari: il bambino è formato e conosce il mondo, la molteplicità. I problemi lombari avranno a che fare con il mancato accordo con il mondo e con le sue stagioni, le sue fasi.
 
12 toraciche: l’uomo entra nell’ “ordinarietà” della vita, che si distribuisce in ogni dove. I problemi dorsali sono in genere problemi relazionali.
 
7 cervicali: Il compimento dell’opera umana, l’evoluzione umana passa attraverso una “piccola morte”: finito un lavoro, bisogna arrestarsi per poter ricominciare. Problemi cervicali sono in genere relazionati col “non sapersi fermare” o non saper rinunciare.
 
 
Quindi per lo Yoga, assumere una posizione perfettamente eretta significa favorire il passaggio verso l’alto della consapevolezza interiore e conquistare una dimensione più nobile dell’esistenza. Più spirituale, più aperta alla comprensione dell’universo che ci circonda, al legame che c’è tra tutti gli uomini.
 
È insomma un altro modo per migliorare il nostro stare qui, ogni giorno, in questo mondo.

 
Bibliografia:
La salute della schiena –Klaus-Dieter Thomann
Fisiologia Spirituale –Tanja Aeckersberg
Anatomia per il movimento –Blandine Calais-Germain



Spunti di approfondimento sullo studio del Tantra
e dello Yoga shivaitico Kashmiro

Studio in corso .....

Da Jean Klein e Eric Baret :


Jean Klein era un autore francese, insegnante spirituale e filosofo di Advaita Vedanta.
Secondo Jean Klein, è solo in "uno stato spontaneo di silenzio interiore che possiamo aprirci alla nostra vera natura....
«Non ci fu mai un periodo della mia vita in cui sentissi il desiderio di sposare una filosofia, un sistema di idee o di credenze. Leggevo e investigavo con il solo intento di conoscere più a fondo me stesso.»

«Restare presenti al va e vieni delle percezioni, senza seguirle. Seguire un pensiero è ciò che lo mantiene in vita. Se si resta presenti senza divenire complici del pensiero, l’agitazione rallenta per mancanza di “carburante”.
Nell’assenza di agitazione si è presi dalla risonanza della tranquillità.
Arrestare l’attività della mente non significa meditare. La meditazione non è la tranquillità della mente. È possibile fermare il pensiero con la disciplina, tuttavia ciò non significa una “mente libera”.
Ci si può rendere conto che, sebbene la mente possa calmarsi di tanto in tanto, la sua natura è movimento, e la vera tranquillità è fonte allo stesso tempo sia dell’attività mentale che della cosiddetta non-attività.»
«Non è possibile acquisire ciò che si è fondamentalmente. È solo possibile riconoscerlo. E ciò è un evento istantaneo.»


Eric Baret , erede spirituale degli insegnamenti di Jean Klein , autore di vari testi sul Tantra e lo Shivaismo Kasmiro .
Da : L'Unico Desiderio ... Nella Nudità dei Tantra :

“Non si può dire che cos’è il silenzio. Ma si può dire che il silenzio è ciò che vogliamo profondamente, ciò di cui abbiamo nostalgia.
Il nostro tentativo di ottenere questo o quello, non è, di fatto, che una nostalgia di questo silenzio.
Tutti i desideri sono una nostalgia dell’assenza di desiderio.

Su di un piano relativo, il silenzio mentale non è che un riflesso del vero silenzio. La mente può essere attiva e il vero silenzio vissuto; la mente può essere silenziosa ed il vero silenzio essere sconosciuto. Il silenzio mentale, il silenzio del mondo non è qualcosa che si debba ricercare. Come una porta, il silenzio mentale si apre su qualcosa, ma non è la porta che si cerca. Quello su cui si apre, non è una donna, nè un’auto rossa e nemmeno il silenzio o la gioia: non ci sono parole!
Non proviene nè dall’inattività nè dall’attività mentale, ma è un presentimento che si riflette in una mente tranquilla.

La mente tranquilla non crea il silenzio, vi si rende disponibile, e l’estasi che riceve dalla sua identità la riempie più di ogni altro oggetto. Poiché è difficile presentire questo riflesso in una mente agitata, si può dire, in certi momenti, che è appropriato lasciare che il corpo e la mente diventino disponibili. Non è necessario, ma può imporsi senza che alcuna intenzione di appropriazione partecipi a questo studio della disponibilità corporea e mentale.

La poesia conduce a questo silenzio. La musica, l’architettura, il teatro portano ad esso più di ogni spiegazione, di ogni discorso o di ogni affermazione. La sensorialità è ciò che va più profondamente nel presentimento del silenzio…..
Non c’è che apertura. Una discussione non può portare al silenzio. Può portare, come faceva Socrate, a vedere i limiti della mente. Quando la mente vede i suoi limiti, diventa funzione. Ogni comprensione non può che essere un riferimento a ciò che già la persona conosce. Poco a poco, la mente perde la sua pretesa di capire ciò che la oltrepassa. Ci si rende conto che non si può pensare un essere umano, non si può pensare la verità, non si può pensare la gioia, non si può pensare un filo d’erba. Non si può pensare niente, non si può che proiettare. La mente allora perde la sua pretesa e diventa uno strumento, come le gambe.

Quando avete bisogno di separare, vi servite del pensiero. Ma non utilizzate la mente per la ricerca della verità. Ecco il segno di una vera intelligenza: non utilizzare il pensiero, se non quando è necessario. La ricerca della verità non ha alcun legame con la riflessione. Il pensiero non ha che il compito di mostrarvi i suoi limiti”.

Eric Baret




Lo "Yoga Kashmiro"  : Un'altro modo di intendere e praticare lo Yoga


Ho colto una splendida e profonda riflessione di questa brava insegnante di Yoga , (Fancesca Marziani , Centro Yoga Le Vie , Bologna ) che fà una bellissima sintesi dello studio che sto approfondendo sullo Yoga Kashmiro , e che vuole dare finalmente risalto a quello che  rappresenta la pratica dell'Asana nella disciplina Yoga , molto oltre la pratica puramente fisica e salutistica che purtroppo và molto di moda nelle scuole occidentali negli ultimi anni .
Una "moda dello Yoga" che in fondo asseconda la richiesta superficiale che viene da chi di solito si avvicina allo Yoga unicamente per migliorare la propria condizione fisica o solo perchè è più "trend" che praticare una semplice ginnastica o altra attività da palestra...

Buona lettura ...

Asana : ....  lo spazio aperto, che lascia affiorare la vita
Svuotare…

Asana è sedersi in uno spazio vuoto, non è abitare una forma conosciuta o prestabilita, ma entrare consapevolmente in uno spazio vivo, un luogo da esplorare senza preconcetti o certezze, prendere una forma che liberamente si allarga nel senza forma. È chiudere il corpo in una forma, ‘senza serrare niente’ come insegna sapientemente Eric Baret. E’ toccare un luogo intimo, vasto…. e lasciarsi toccare, plasmare da quel luogo. É abitare senza ingombrare, ammobiliare, ma accogliendo, ascoltando, lasciando spazio allo spazio. Nello Yoga è centrale dimorare in un luogo (desha) e farne un supporto di centratezza e unificazione interna, fino a realizzare che non è un sostegno compatto, ma ‘fatto di spazio’ (nir-ashraya).
La prima indicazione dello yoga è dunque: smantellare, decostruire, deporre. Quindi semplicemente stare, vuoti, presenti, allargati, di più, spalancati. Riempire non ha niente a che fare con la pienezza: la vera pienezza è più piena quanto più si svuota, quando lascia il posto per il nuovo, l’imprevisto, il diverso. Potremmo dire che è proprio una vibrazione imponderabile e la mutevolezza di tutto ciò che vive a riempire questo vuoto mobile. Il vuoto vivo che dà luogo a ogni cosa è alito vibrante che cambia sempre, divenendo ciò che è fresco, inusitato, inaspettato. In questo vuoto c’è attesa, ma si tratta piuttosto di un’attesa senza aspettative, una disponibilità all’ignoto… un cuore che batte trepido, ma non per qualcuno o qualcosa in particolare.

Asana è diventare attraversabili e dissolversi nell’abbandono di ciò che era la nostra forma solida. Ciò che addensiamo diviene duro, meccanico, doloroso. La pausa respiratoria, a pieno o a vuoto, è sempre kumbha, il vaso aperto che contiene lo spazio della vita. La pausa, lo spazio tra i respiri, le cose e le persone, fa palpitare respiro, cose, persone. In quella sospensione si può nascere e morire, in quella apertura accade la vita. E la vita è morbidezza, è farsi fluidi, scorrendo tra gli spazi delle cose, inondando quei varchi senza fretta, senza scopo, solo per il gusto di farlo, perché ‘si è chiamati’ a farlo, con passione.

Ho fatto un esperimento, provando a stare in un asana scelto tra quelli che amo, ma che mi procurano un certo disagio nel permanervi, cercando soluzioni diverse. Ho provato a non ‘fare’ i piccoli o grandi aggiustamenti muscolari che a rigor di logica possono facilitare la tenuta di una posizione, ma piuttosto a ‘mollare’ tutto, a ‘cadere’ nell’asana senza tenere niente, quasi a farmi sostenere dallo spazio tutto intorno a me, invece che da me. Il risultato è stato, nel suo piccolo, incoraggiante. Asana è sedersi in uno spazio più vasto del luogo costretto con cui abitualmente ci identifichiamo e allora il corpo scopre nuove possibilità, magari non inerenti alla struttura muscolare, densa del corpo. Lo yoga inverte per sua natura ciò che è ordinariamente logico; ci piace di solito sentire che ‘costruiamo qualcosa’, anche se per farlo ci stiamo chiudendo, ostruendo, laddove mollando la presa si apre uno scenario tutto nuovo, la libertà di esplorare.

Spesso nello yoga tradizionale il movimento del corpo nasce e si sviluppa nel vuoto, durante la fase espiratoria o nella pausa respiratoria a vuoto. Questo perché solo quando lasciamo andare il sovrappiù, il corpo può muoversi in libertà nello spazio, come in una danza leggera, senza ostacoli, senza distrazioni, assecondando semplicemente ciò che si muove dal di dentro, con fervore. Solo in questa condizione di abbandono possiamo scoprire, conoscere qualcosa di nuovo e ogni movimento diventa un risveglio, sconfinando naturalmente in una immobilità vibrante. Lo yoga è proprio la fervida meraviglia del ‘cosa rimane’, dopo aver tutto depositato a terra.

Toccare…

Da bambina, quando non sapevo ancora leggere e scrivere, passavo piacevolmente del tempo a sfiorare con i polpastrelli delle dita la superficie degli oggetti: il piano duro di un tavolo di legno, la trama soffice e variegata di un tessuto, le briciole di pane in un piatto… Sentire il contorno degli oggetti è un inizio di conoscenza, che non rientra ancora nel pensiero logico-discorsivo, ma si configura come ‘emozione tattile’, primo incontro, sapiente, col mondo.

Il contatto, il confine, il limite tra il nostro corpo e il mondo si trasformano in luoghi d’incontro, con lo spazio sopra, sotto, dentro e fuori di noi. Il contorno esiste proprio in quanto invito alla relazione tra spazi diversi, affinché si tocchino, si conoscano e scoprano la loro comune infinità interna. Scoprire il nesso (kilaka) tra le cose è l’anima dello yoga. Quel punto di contatto è sparsha, il tocco immediato che stimola la percezione diretta (pratyaksha), senza filtri, della realtà. E questo primo aggancio tra le cose è già conoscenza a tutti gli effetti, è la modalità cognitiva per eccellenza, che nello yoga diviene un’arte. Ciò che si verifica è un incontro ravvicinato tra due apparenti diversità, sia sul piano puramente fisico (radice sprsh = toccare, sentire, prima che intervenga il pensiero, da cui il termine sparsha) sia mentale (radice mrsh = toccare con la mente, considerare, riflettere, da cui il termine vimarsha). Lo yoga, in un caso o nell’altro, è via maestra verso la conoscenza, nel trovare un luogo d’incontro in cui lo spazio possa dialogare con lo spazio.
Ogni conoscenza comporta un toccare e un essere toccati. Questo è tanto più vero nello yoga, in cui la modalità tattile impernia l’esperienza stessa. Jnana mudra, il gesto della conoscenza, mette in evidenza il vissuto centrale dello yoga: il pollice e l’indice si toccano circoscrivendo uno spazio tondo al centro. In quello spazio, libero, ma altresì protetto e custodito, accade l’esperienza: si rivela la relazione tra me e il tutto intorno a me. Quell’unione svela una comunanza che è più interessante di una mera similitudine tra due elementi: è incontro fecondo, un toccarsi reciproco che produce conoscenza. Asana è sedere in quel luogo, toccare, abitare quel luogo. Il luogo dell’asana è lo spazio arioso che predispone l’incontro tra me e tutto il resto, tra me e te.
Il tocco ‘purifica’ le parti che si toccano, nel senso che le ‘sensibilizza’ ovvero le risveglia. Purificare, nell’interpretazione che a me piace di più, è svuotare fino a toccare l’essenza delle cose, fino a risvegliare, intuendolo, l’aperto.
Asana è sedersi in mezzo a quell’apertura, liberamente, ed entrare in un rapporto con lo spazio, toccandolo e lasciandosi toccare. Asana è affidarsi a quello spazio interconnesso tra fuori e dentro, agevolmente immobili; non costringendosi all’immobilità, ma anzi, accomodandosi dentro quel centro, quasi sciogliendosi, ma con cura e delicatezza, per godere anche dell’alito più leggero che si produce in quello spazio vivo.

Risuonare…

La radice sphāy (sphāyate), da cui deriva la parola spazio, significa tendere, estendere, gonfiare, quindi allargare, far respirare il vuoto nel vuoto e ha una valenza pulsante, vibratoria, risonante (sphay è anche risuonare). Lo spazio non è quindi qualcosa di inerte o fermo, ma è diffondersi aumentando di volume, riempiendo di vita ciò che è spalancato, pronto a ricevere. Lo spazio dell’asana è quindi un luogo vivo, pieno, cangiante come l’alito del respiro che ne cambia i contorni, è il luogo predisposto a celebrare la vita nel suo sacro vibrare.
Perché l’asana si compia è necessario entrare in una forma che rappresenti la libertà da tutte le forme, è necessario diventare il templum, tradizionalmente quella porzione di cielo che l’augure osservava per trarne presagi. E’ diventare kshetra, il campo aperto dell’esperienza. il rito dell’asana si compie nello spazio del corpo, i cui contorni non sono limiti, ma custodia e ne preservano il calore interno. Quel farsi grembo dell’asana ne amplifica le potenzialità e l’insito ardore, poiché il corpo stesso diventa cielo infinito.

Espandersi…

(1) L’asana deve diventare kha: spazio cavo, rotondo, accogliente come un seno, il vuoto che contiene i semi di tutto ciò che può nascere. Il cielo infinito è detto kha, termine che rappresenta pure il vuoto centrale della ruota, attorno al quale girano i raggi collegati all’asse. Questo centro può produrre un movimento armonico, su-kha o disarmonico, duh-kha. Ma in ultima analisi l’asana è sempre sukha, come saggiamente evidenzia Patanjali5, poiché ciò che emerge in asana, quando siamo seduti nel bel mezzo di noi stessi, è quella sorta di armonia 6 che ci è dato di riscontrare anche se c’è il vissuto di uno sforzo. La ‘facilità’ dell’asana è in qualche modo indipendente dalla fatica fisica: è scoprire in mezzo all’affaticamento una specie di tranquilla empatia.
L’asana si compie quando, dopo averlo appassionatamente abitato, ci dimentichiamo del corpo e ci perdiamo coscientemente nella vastità di akasha, l’elemento più sottile. Dimorando in asana diventiamo cielo (da koilos, cavo), il vuoto gravido della coscienza espansa.

(2) Patanjali descrive due possibili strade, senza peraltro prediligere l’una o l’altra: l’asana si prende o rilasciando lo sforzo - muscolare o meno - prayatna shaitilya, o realizzando la mente infinita, ananta samapatti. In ambedue i casi si tratta di lasciare andare e ‘fare spazio’, scomparire, abbandonarsi dentro la postura, lasciando risuonare ciò che vibra incessantemente, anche se non percepibile nella nostra sovraffollata percezione ordinaria.

In India, fin dall’antichità, ci si siede a terra e tutte le attività ordinarie si compiono a terra. Solo la dimensione del sacro si erge al di sopra: l’altare vedico era formato da un basamento di pietra o da tavole di legno che si alzavano di qualche centimetro dal suolo. L’asana era il seggio regale, posto accanto all’altare e lasciato appositamente vuoto per accogliere la divinità stessa, invitata a presiedere il rito. Solo il divino può ergersi verso il cielo, su una sede rialzata (pitha), come simboleggia il trono predisposto ad accoglierlo. Anche la postura yoga (asana), che prende lo stesso nome del seggio che attende il dio, deve essere lasciata vuota, rappresentando l’attitudine dell’apertura ricettiva: ci si spoglia del superfluo e ci si dispone ad abitare l’essenza, la parte ‘divina’ di ognuno di noi, a contemplarla. La postura, che si protende verso il cielo, deve essere ‘fatta di cielo’, infinita, e tutto si dissolve in essa, nodi, contrazioni muscolari, fardelli, preoccupazioni. È attitudine silenziosa e regale, poiché ci sediamo nella parte più intima e sacra di noi.

Asana è un lasciarsi abitare, spalancandosi, slanciandosi, andando oltre una determinata forma. In asana diventiamo attitudine ravvolta, kunda, ma non chiusa: la rotondità spaziosa del cielo. Kundalini è l’energia che si drizza risalendo a spirale, rotondamente, fino a divenire khecari, ‘colei che vaga nello spazio’, liberamente. Questa è l’attitudine risvegliata della coscienza che lo yogin incarna nel vuoto protetto dell’asana.
Incarnare è lasciarsi impregnare dal calore, dall’alito, dal tocco dell’energia vitale e dissolversi in essa, con slancio, bruciando ogni cosa esistente come in un grande fuoco, o meglio, accogliendo proprio ogni cosa in quel fuoco cosciente e vivo.


(1) Kha è prima di tutto cavità, apertura, vacuità, spazio vuoto, aria, etere, cielo.
(2) Cfr. Patanjali, Yoga-sutra, II, 47.

Francesca Marziani , Centro Yoga Le Vie , Bologna .





Il respiro , ultima porta prima del silenzio .

Ho voluto intitolare questa riflessione , esattamente come il capitolo del libro di Eric Baret , (L’unico desiderio)  perché coglie alcuni aspetti del respiro Yogico (Pranayama avanzato …)  con una profondità veramente straordinaria …

“… Il respiro è il riflesso ultimo del silenzio . Dapprima , si diventa coscienti del corpo , poi il corpo diventa respiro. Quando il corpo diventa respiro, tutte le identificazioni, restrizioni e compensazioni smettono di essere sentite come ostacoli e il corpo si presenta come luce.
Il respiro si presenta sotto forma di ritmi. Questi ritmi si attualizzano nell’espirazione , il riposo (pausa..) e l’inspirazione. Nello Yoga , secondo i momenti, si accentuano l’inspirazione e l’espirazione come mezzi di purificazione. L’espirazione conduce alla eliminazione dei residui dei ricordi, di tutto ciò che crea un sentimento di separazione. L’inspirazione stimola l’energia sottile, che si integra progressivamente nei differenti corpi ( i corpi intesi come i 5 Kosha ..)
Più tardi , l’inspirazione e l’espirazione perderanno la loro importanza …Solo i momenti di pausa fra questi due movimenti diventeranno l’essenziale.
La ritenzione dopo l’inspirazione chiarifica il corpo, gli fa realizzare il suo potenziale magico. Invece la pausa dopo l’espirazione diventa coscientemente  lo sfondo silenzioso di tutti e tre tempi respiratori , perché lentamente, questa pausa dopo l’espirazione sarà sentita come sempre presente durante tutte le fasi , anzi le altre fasi saranno come un sottofondo a questo silenzio … Poco a poco questo momento  dopo l’espirazione diventerà la porta del Silenzio…
Nella pratica , prima o poi la respirazione scompare per diventare corrente di energia…Voi non respirate, ma c’è come un sentire … Voi sentite questa inspirazione , questa corrente di luce che vi illumina; nella ritenzione questa luce si espande ancora di più ; nell’espirazione questa luce lentamente si riassorbe, in una sorta di notte silenziosa senza luna … Un Silenzio che parla a se stesso.

Non c’è niente da comprendere. Si può parlare ben poco di questa arte sofisticata , essa necessita di essere insegnata attentamente in maniera pedagogica.
L’espirazione diventa un sacrificio. Il respiro è offerto al silenzio. Nell’inspirazione, il silenzio vi offre il respiro , la vita. Ma questo respiro non è più il vostro respiro, ma la vita stessa. E’ il respiro cosmico…  Questo è l’aspetto sacro del respiro. “

(L’unico desiderio  –Eric Baret - Ed. La Parola)  
************************

In conclusione vorrei sottolineare che solo la pratica costante e fedelmente insegnata da un bravo maestro può portare alla scoperta di queste profonde sensazioni interiori e a questa “porta” prima del Silenzio.
OmShanti  



Non siamo  fatti solo di materia.....

Sempre alla ricerca di conferme sulla nostra condizione di esseri umani dotati di qualcosa di più che processi  biochimici e comunque riconducibili alla materia e alla Fisica , mi sono , (finalmente...) inbattuto negli studi e nei libri di Federico Faggin , il nostro (italiano) più famoso ed eminente fisico elettronico e informatico; inventore e costruttore del primo microprocessore al mondo (Intel 4004) nonchè delle tecnologie CMOS , del microprocessore Z80, ed altre invenzioni alla base della digitalizzazione informatica .
Un fisico  geniale ...figlio di un padre filosofo ...e non sarà una coincidenza ...Nasce nel 1941 e dopo una carriera straordinaria fatta di invenzioni geniali  che hanno portato la digitalizzazione nelle nostre tasche (Smartphone e quant'altro...) , comincia a farsi domande profonde sulla natura della "coscienza" umana , e a quaranta anni circa nel 1980 vive in solitudine una esperienza interiore psichica di pochi minuti ma così forte , invasiva e bellissima da cambiargli per sempre il corso della sua vita futura :

"...sentii improvvisamente un'energia fortissima emergere dal petto: era non solo un esperienza mai provata prima , ma un fenomeno così straordinario che non avrei mai potuto immaginare. Questa energia viva era "Amore" , ma un amore così intenso e così appagante che superava ogni sentimento e nozione che avevo sulla natura dell'amore. Ma ancora più incredibile era il fatto che la sorgente di quell'amore fossi Io !....Ho capito allora , senza ombra di dubbio , che quella è la sostanza di cui è fatto tutto ciò che esiste .E' ciò che ha creato l'universo partendo da se stessa "...continua ....

E così da puro ricercatore e Fisico puro , comincia lo studio della natura della Coscienza , riavvicinando perciò lo studio della Fisica Quantistica alla Filosofia dell'Essere...

" Per anni ho inultimente cercato di capire come la Coscienza potesse sorgere da segnali elettrici o biochimici  (del cervello..) , e ho constatato che , invariabilmente, i segnali elettrici possono solo produrre altri segnali elettrici o altre conseguenze fisiche come forza o movimento , ma mai sensazioni o sentimenti, che sono qualitativamente diversi ...E' la coscienza che capisce la situazione e che fa la differenza tra un robot ( o computer..) e un essere umano...In una macchina non c'è nessuna ' pausa di riflessione' tra i simboli e l'azione, perchè il significato dei simboli , il dubbio, e il libero arbitrio esistono solo nella coscienza di un sé , ma non in un meccanismo! "

Quindi un'esperienza di Luce e di Amore , identica a quella vissuta da centinaia di illuminati , maestri e religiosi di tutte le latitudini , che hanno ricercato da sempre l'origine della Vita e dell'ordine Universale della Creazione.
Una rivoluzione perciò per la Fisica come finora l'abbiamo conosciuta e studiata , che comincia a farsi domande e cercare spiegazioni ...e a non dare più tutto per scontato e spiegato da modelli matematici ...

OmShanti
L'osservazione del Respiro
di B.S. Rajneesh (Osho)

E' importante comprendere il fenomeno del respiro ; noi respiriamo in continuazione , dal momento della nascita, a quello della morte: tra questi due punti , ogni altra cosa muta in continuazione, solo il respiro è l'unica cosa costante.
Il bambino diventerà giovane, il giovane invecchierà, il suo corpo si ammalerà, ogni cosa cambierà . Quell'uomo sarà felice, infelice, sofferente, nulla sarà mai identico a se stesso, nella sua vita....Tuttavia qualsiasi cosa accada , egli dovrà continuare a respirare !
Il respiro è un flusso continuo, se ce ne dimentichiamo ...non si esiste più , per questo è un atto involontario, potresti dimenticartene e non sopravviveresti ...Pertanto, in realtà, non sei tu a respirare: anche quando sei profondamente addormentato il respiro continua, perfino in coma profondo il respiro continua. La respirazione è qualcosa che accade tuo malgrado...Dunque, come prima cosa, va detto che il respiro è uno dei fattori costanti, all'interno della tua personalità .

E come seconda cosa , è un elemento essenziale nella vita; senza respiro non è possibile essere vivi, pertanto Respiro e Vita sono diventati sinonimi e la Vita è profondamente connessa con il Respiro . Ecco perchè in India , lo chiamiamo "Prana" perchè entrambe le cose designano : vitalità , e forza vitale...La tua vita è il tuo Respiro. Terza cosa , il respiro è un ponte fra te e il tuo corpo : ti connette in continuazione con il corpo . Non solo , esso è anche un ponte tra te e l'Universo , perchè il corpo in fondo non è altro che la porzione di Universo a te più vicina.

Ogni parte del tuo corpo è parte dell'Universo ed il respiro è il ponte , se il ponte viene tagliato , tu non esisti più nel corpo ...Ti sposti in una dimensione imprecisata e sconosciuta e non puoi più essere percepito nello spazio e nel tempo ; qui il Respiro è anche il ponte tra te e lo spazio-tempo...
Quindi il respiro diventa qualcosa di estremamente importante, per questo esso è stato utilizzato da sempre come porta di accesso alla meditazione, se riesci a intervenire sul respiro ti ritroverai a vivere nel mondo , ma al tempo stesso lo avrai trasceso !

Il respiro ha due punti , due fondamenti : da un lato tocca il corpo e l'Universo, dall'altro tocca te , al tuo interno e cuore dell'Universo, trascendendolo...Perchè nel respiro esistono dei punti che sono soglie, grazie ad esse è possibile entrare in contatto con l'essenza della Vita, scoprire un essere diverso...una coscienza diversa, ma occorre una estrema presenza e consapevolezza.

La tecnica più antica legata all'osservazione del respiro , è l'essere consapevoli dei due punti in cui il respiro "si volge" .Osserva il respiro mentre entra in te , una volta entrato , per un attimo non esiste alcun respiro...poi inizia l'espirazione , e quando poi il respiro è completamente uscito , per un istante si arresta di nuovo , e poi torna ad entrare ...
In quell'istante in cui non stai respirando , è possibile l'avvento di qualcosa di trascendente: un acuta e sincera osservazione, un'attenzione cosciente, ti faranno percepire quell'intervallo di vuoto...Una esperienza di immersione in una rara beatitudine .
Sembra una tecnica semplice, ma non lo è , e occorre esercitarsi a lungo , per cogliere quell'attimo di eternità che non nasce e che non muore , esso esiste già nulla deve essere scoperto , manca solo una attenta consapevolezza in grado di percepire ciò che già esiste...ciò che già siamo .

Buona pratica ... Omshanti
Franco
Web from : Franco Di Mantova
yoga per adulti
Martedi
Mercoledì
giovedì
venerdì

Torna ai contenuti