Post e Riflessioni - Yogadarsana

Yogadarsana :
La Visione
dello Yoga...
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Post e Riflessioni


Appunti di una giornata intensiva di Hatha Yoga
Domenica 28 maggio 2023


Gli otto passi di Patanjali , detti Astanga Yoga .

I passi in cui Patanjali (autore dello Yoga Sutra) suddivide il percorso yogico sono otto.
(Asta 8.. Anga ...passi )
I primi due, Yama e Niyama, rispettivamente le "astensioni" e le "osservanze", sono da intendersi come norme di carattere generale, indispensabili codici morali da adottare quotidianamente per chi voglia intraprendere il percorso (sadhana).
Rappresentano in un  certo senso le radici , e il terreno su cui impiantare l’Albero dello Yoga .

Gli otto passi sono:
1. Yama: astensioni; regole di comportamento.

                                              a) Ahiṃsā: non violenza;
b) Satya: non mentire;
c)  Asteya : non rubare;

d) Brahmacarya: non abuso dell’energia sessuale ;

e) Aparigraha: non attaccamento, non avidità.



2.      Niyama: osservanze, discipline.

a)Śauca: pulizia; intesa come purezza interiore;


b) Samtoṣa: appagamento; contentezza; soddisfazione;

c) Tapas : autodisciplina ;

d)  Svadhyaya: studio delle scritture sacre, studio dei  testi antichi e di tutto ciò che riguarda lo studio del se interiore;

e) Iswara Pranidhana : abbandono ad un Essere Superiore  , alla Energia  Creatrice che muove tutta  la vita nell’Universo.

3. Āsana:
posizione fisica; postura. Patanjali menziona il termine in un solo sūtra, (il 2°) parlando genericamente di una posizione che risulti stabile e comoda, con la schiena dritta , mantenibile a lungo senza sforzo , per permettere lo scorrere delle energie nella colonna vertebrale e attraverso i sette Chakra.
4. Prāṇāyāma:
controllo della respirazione e del flusso vitale. Il termine è composto da prāṇa generalmente reso con "respiro vitale"; e āyāma, che sta per "allungamento", "controllo", e “cessazione”.
5. Pratyāhāra:
ritrazione dei sensi dagli oggetti; astrazione dal mondo; isolamento sensoriale. Si passa da uno stadio in cui le funzioni sensoriali sono dominate dai rispettivi oggetti dei sensi, a uno stadio in cui i sensi ne sono affrancati per permettere una conoscenza diversa  da  quella che deriva dalla propria elaborazione mentale .
6.
Dhāraṇā: concentrazione. La "concentrazione" è definita come «fissare la coscienza (citta) su qualcosa», cioè  usare l’attenzione per restare fissati su un oggetto o un concetto.
7. Dhyāna:
meditazione; contemplazione profonda. Non si tratta qui della meditazione comunemente intesa come ad una forma di evasione mentale, lo stato di dhyāna è contraddistinto da una totale e  coerente lucidità.

8. Samādhi:
fusione completa con l'oggetto della meditazione; assorbimento della coscienza nel sé interiore; una forma di estasi, o meglio un congiungersi con  l’oggetto e con il Tutto.

Patañjali così definisce il Samādhi:
« Quando l'oggetto della meditazione assorbe chi medita, e appare come soggetto, si perde la consapevolezza di se stessi…. Questo e’ il Samādhi. »
(Yoga Sūtra, III.3) .
Buon lavoro…Franco
Om Shanti



TRAYAMBAKAM
IL GRANDE VINCITORE DELLA MORTE
(Mahamrtunjaya Mantra)

Om….
Tryambakam yajamahe…Sugandhim pustivardhanam…
Urvarukamiva bandhana…Mrtyor muksya mamrtat.


“ Questo inno di preghiera verso Shiva è tratto dagli antichi testi Vedici , esprime il bisogno più intenso di immortalità che giace nel profondo del cuore di tutti gli uomini….La vita è una continua lotta per vincere la morte e conquistare l’immortalità (dell’Anima) ; ogni azione , ogni esperienza e ogni condizione di vita , sono fasi dell’evoluzione che conducono al luminoso mare dell’immortalità, oltre l’oscurità e la delusione dei processi mondani….. “

Così inizia lo straordinario commento e traduzione di questo Mantra del grande Maestro :  
Swami Yogananda Giri  ,  che ho avuto la fortuna di conoscere e praticare Yoga insieme nel suo Ashram, negli anni passati .
Questo mantra è chiamato il grande (Maha) vincitore (Jaya) della morte (Mrtyu) , perché la sua pratica unitamente al percorso evolutivo dello Yoga , porta alla liberazione del se assoluto , e cioè alla cessazione dei cicli di morte e rinascite che occorrono per raggiungere la Mukti ovvero la  realizzazione del SE’ .
Questo mantra è quindi praticato come  lo strumento che rimuove gli ostacoli , e le difficolta sul percorso verso la Liberazione , analizziamo le sue parole nel dettaglio …
OM :
Non fa parte essenziale del mantra ma ne aumenta la sua interiorizzazione iniziale e la vibrazione interna

TRYAMBAKAM :
Può avere diverse interpretazioni , ma tra loro collegate , “ Colui che ha tre occhi “ due che rappresentano la dualità del mondo , e il terzo occhio la visione intuitiva che trascende i processi mondani . Un’altra antica interpretazione attribuisce a questa parola il significato di Colui che possiede i tre poteri ed energie ;  la forza dell’Azione (Kriya Sakti) , la forza del Desiderio (Iccha Sakti)  e la forza della Conoscenza (Jnana Sakti) …. Ma anche è interpretato come il Padre delle tre Divinità , Signore del Passato , del Presente
e del Futuro .
YAJAMAHE :
Questa parola significa “Propiziare verso la Divinità”  il proprio abbandono e assorbimento nel Sé assoluto , come una  ricerca dell’unione con il Supremo. Il Sé è visto come un bocciolo che cresce sulla pianta infestante dei processi mondani  che trattengono l’Essere verso la sua ascesa , rappresentati dall’ “Inerzia” (Tamas Guna) o pigrizia statica verso l’evoluzione , dall’ “Incessante attività “ della mente e dei sensi   (Rajas Guna) , così quando il bocciolo riceve i raggi e il calore della vera Conoscenza , si apre e sboccia e il suo profuma emana come una fragranza manifestando i poteri dello Spirito.

SUGANDHIM:
E proprio  “Fragranza” significa questa parola , che emana dal Se’ sbocciato , sotto forma di Gentilezza , Serenità , Amore universale , Compassione … E’ il profumo spirituale che lasciano dietro di se i grandi uomini dopo la morte che non ha niente a che vedere con il profumo cosmetico…La perdita di questa Fragranza è dovuta all’ignoranza (Avidya) che è la causa di tutti i mali e disturbi della mente , quali l’ira , l’odio , l’avidità , l’egoismo, disturbi  che creando poi disarmonia nel flusso dell’energia vitale nel corpo sono conseguentemente causa di molteplici malattie .

PUSTIVARDHANAM:
Queste parole significano “l’accrescere del nutrimento” ,riferito alla crescita della conoscenza dello Spirito e all’integrazione completa della propria personalità . Esso rappresenta il nutrimento del frutto che cresce e matura e si prepara per essere colto dall’albero dei processi mondani e vitali.

URVARUKAMIVA:
Questo termine si riferisce ad una pianta simile alla zucca . Finché il frutto cresce , rimane attaccato alla pianta e  da essa viene sostenuto e nutrito ; ma quando giunge a maturazione, si stacca da lei completamente… L’uomo è simile a questo frutto , cresce aggrappato alla pianta dei desideri mondani , la quale è descritta come un rampicante che con i suoi molti rami trattiene l’essere vivente attraverso i molteplici condizionamenti vitali . Però l’uomo attraverso la disciplina e la conoscenza , sviluppa le sue virtù, ed arriva alla maturità , quando si staccherà definitivamente dal condizionamento del mondo senza più tornare indietro .

BANDHANA MRTYOR MUKSIYA:
“ Liberaci dal legame della morte” La morte intesa come simbolo dell’oscurità che avvolge il campo dello spirito  e che impedisce l’evoluzione del Sé. Anche in questa accezione , è l’ignoranza (Avidya) che origina la paura della morte con l’egoismo e l’attaccamento , la via verso la vita spirituale invece conduce alla vittoria sulla paura , e verso l’immortalità dell’Anima.

MAMRTAT:
Questo termine può significare “conducimi all’immortalità, affiche io  possa non  essere separato dal Supremo Sé “  … E così che come il frutto comune quando è maturo cade a terra e marcisce , non così accade invece per il frutto dello Spirito che essendo stato liberato dai condizionamenti e afflizioni del mondo , viene colto e cade nell’oceano della felicità e beatitudine  sfociando  come un fiume che entra nell’oceano..

Ed è così che il grande maestro Swami Gitananda Giri  conclude il suo commento stimolando i praticanti  alla recitazione di questo potente mantra :

“E così che lo Yogin acquisisce la perfezione , trascendendo la mente , l’intelletto e  i sensi , e stabilendosi nella sua Essenza di Verità , Conoscenza e Beatitudine (Sat-Cit-Ananda). Ripetendo regolarmente questo Mantra , con sentimento di devozione e mente concentrata esso vi  condurrà alla suprema immortalità “

di Swami Gitananda Giri


Om Shanti

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Continuando ad approfondire lo studio del concetto di vita perenne , e di trasformazione delle forme di vita in altre forme di vita , ho trovato queste riflessioni , e capendo che il concetto di "morte" come noi normalmente lo intendiamo... Non esiste !
"Nulla si crea , nulla si distrugge tutto si trasforma" (Albert Einstein) ;
e infatti dalla nuova interpretazione del Sutra del Cuore di Thich Nhat, ho colto questa vera perla di una poetica e illuminante bellezza :

Contemplare una foglia

Un giorno d’autunno, camminando in un parco, mi sono immerso nella contemplazione di una piccola, bellissima foglia a forma di cuore.
Stava diventando rossa ed era ancora appesa al ramo, ma sul punto di cadere. Ho passato molto tempo con quella foglia e le ho fatto un sacco di domande. Ho scoperto che la foglia era stata la madre dell’albero. Di solito pensiamo che l’albero sia la madre e le foglie ne siano le figlie; contemplando quella foglia, invece, sono riuscito a rendermi conto che la foglia era stata una madre, per l’albero.
La linfa che le radici di un albero mandano verso l'alto , detta linfa grezza, è fatta solo di acqua , aminoacidi e minerali, e non è abbastanza ricca per poter nutrire l'albero.L'albero dunque distribuisce la linfa alle foglie , che con l'aiuto del sole e dell'anidride carbonicala trasformano in linfa elaborata, la linfa ricca di zucchero che le foglie rimandano all'albero come alimento.
Le foglie dunque sono anche madri dell'albero; e dato che la foglia è collegata all'albero tramite il picciolo è facile vedere il punto di comunicazione tra loro.

Noi siamo come quella foglia: quando eravamo nel grembo della mamma anch noi eravamo collegati a lei tramite un picciolo : Il cordone ombelicale .
Tutto il nutrimento ci arrivava attraveso il cordone ombelicale. Nostra madre respirava per noi, mangiava per noi , beveva per noi , faceva ogni cosa per noi; poi un giorno quel cordone è stato tagliato e noi abbiamo cominciato a considerare a  noi stessi e nostra madre due entita diverse.
Di fatto nostra madre ha continuato a nutrirci come prima.I nostri genitori sono presenti in ogni cellula del nostro corpo noi continuiamo a ricevere nutrimento dalla mamma, e a e a riceverne anche la sofferenzae le preoccupazioni, che continuano a influenzarci come quando eravamo nel suo grembo. Quel cordone c'è ancora, e non solo fino a diciott'anni , ma per tutta la vita .
Quando riusciamo a vedere il cordone ombelicale possiamo cominciare a cogliere gli infiniti cordoni ombelicali che ci connettono alla vita tutt'intorno a noi.
Esiste un cordone che ci connette al fiume : l'acqua che beviamo ogni giorno scorre giù dalle sorgenti e dai torrenti per arrivare poi ai nostri rubinetti. Anche il fiume dunque è una madre....C'è anche un cordone fra noi e le nuvole, fra noi e i boschi , fra noi e il sole ...Per noi il sole è come un genitore : senza la connessione che ci collega al sole non potremmo vivere , come non potrebbe vivere tutto il resto ...
Ecco perchè nei Sutra si dice che gli esseri viventi sono stati nostri  genitori per un numero infinito di vite .
C'è un cordone ombelicale che ci collega a tutto ciò che si trova nell'intero universo.

Riesci quindi a vedere il collegamento che c'è tra me e te  ? Se non lo vedi ancora osserva più a fondo :sono sicuro che ci riuscirai .
Quel giorno d’autunno ho chiesto alla foglia se avesse paura di cadere, data la stagione e dato che le altre foglie stavano cadendo. La foglia mi ha risposto:
“No…Sono stata molto viva, per tutta la primavera e l’estate; ho lavorato sodo, ho contribuito ad alimentare l’albero: in quest’albero c’è molto di me. Ti prego, non credere che io sia soltanto questa forma che vedi, perché questa forma di foglia è soltanto una minuscola parte di me: io sono l’albero intero.
So di essere già nell’albero, e anche quando tornerò alla terra continuerò a nutrirlo. Ecco perché non mi preoccupo. Cadendo dal ramo e volteggiando giù verso terra farò ‘Ciao’  all’albero dicendogli: “Arrivederci a prestissimo"
All'improvviso ho avuto un intuizione molto simile alla visione profonda contenuta nel Sutra del Cuore: bisogna vedere la Vita...Non la vita della foglia , ma "la Vita nella foglia" e "la vita nell'albero" .
…Ho visto la foglia lasciare il ramo e volteggiare cadendo al suolo, in una danza gioiosa, perché mentre cadeva giù si vedeva già nell’albero. Era così felice ! Ho chinato il capo e ho capito che abbiamo tantissimo da imparare dalla foglia, perché lei non aveva paura: sa che nulla può nascere e nulla può morire…

Tratto da “L’altra riva del Fiume” di Thich Nhat Hanh


Un 'altra "perla" del Maestro Thich Nath Hanh

“Porre fine alle idee sulla felicità

Ognuno di noi ha un idea di ciò che gli servirebbe per essere felice. Sarebbe molto utile darci il tempo di riconsiderare le nostre idee sulla felicità. Potremmo fare un elenco di cose che riteniamo indispensabili per essere felici: “ posso essere felice solo se…” Annota le cose che desideri e quelle che non desideri. Da dove provengono queste idee? Sono la realtà o sono solo concetti? Perché se sei legato ad un particolare concetto di felicità, non hai molte probabilità di essere felice…
La felicità arriva da molte direzioni, se pensi che provenga da una direzione sola perdi tutte le altre opportunità, perché desideri solo la felicità che arriva dalla direzione che vuoi tu.
Ti troverai a dire: “ non posso essere felice se non ottengo quella promozione o quella casa o quella persona”. Hai posto molte condizioni alla tua felicità allora ! E alla fine anche se tutte quelle condizioni verranno soddisfatte, nemmeno allora sarai felice. Perché andrai avanti a creare nuove condizioni per la felicità, una promozione superiore, un posto di lavoro migliore, una casa ancora più bella…
Anche un Governo può essere convinto di conoscere l’unico modo di rendere la Nazione prospera e felice. Quel Governo e la Nazione stessa possono legarsi ad una ideologia per un secolo ed anche più, e magari in quel periodo invece i cittadini soffrono moltissimo e chiunque non sia d’accordo e osi esprimersi contro le idee del Governo viene rinchiuso in carcere o dichiarato pazzo. Si può trasformare una Nazione in una galera, solo perché si è legati ad una ideologia.
Per favore, ricorda che il tuo concetto di felicità può essere molto pericoloso.
Il Buddha ha detto che la felicità è possibile solo qui ed ora.
Quindi fai un passo indietro ed esamina a fondo le tue nozioni ed idee sulla felicità: potresti riconoscere che le condizioni per la felicità che hai già nella tua vita, sono più che sufficienti.
Allora, in un istante, la felicità può essere tua.
Tratto da :” Il segreto della Pace” di Thich Nhat Hanh


Meditare facendo i lavori domestici....

Il monaco Tulku Thondup ha lavorato per tutta la sua vita nella traduzione e nell'interpretazione di antichi testi di buddismo tibetano ed ha pubblicato una dozzina di libri che parlano dell'insegnamento buddista.
Dopo aver vissuto in Tibet, in India e negli Stati Uniti e dopo aver partecipato attivamente alla vita pubblica e accademica, in questo periodo si è ritirato in un monastero, luogo da dove gestisce il proprio sito web. Oltre a questo, sembra che per l'uomo pulire il monastero sia uno dei compiti spirituali più importanti.

Se fossimo in grado di superare la virtù, il merito e lo scopo di pulire, saremmo capaci di apprezzare il compito come un privilegio, invece che come un peso. Non ci sembrerà più un lavoro sporco, bensì la prenderemo come un'opportunità per praticare la meditazione in una maniera unica.
Potrebbe anche diventare una fonte incredibile di benefici e un modo per far crescere la nostra forza spirituale, mentale ed emotiva. Pulire il luogo dove abitiamo in maniera consapevole, può trasformare la nostra vita, perché ci permette di liberare la mente e di non pensare ai problemi, di rafforzare la nostra concentrazione, di meditare sui movimenti e di crescere spiritualmente.

Questo spazio sacro che ci da così tanto, ha delle necessità che a volte trascuriamo, soprattutto, per via dei mille impegni quotidiani. Così le faccende si accumulano, i vestiti si ammucchiano nell'armadio, i piatti sporchi crescono nel lavello della cucina e non troviamo più nemmeno un piccolo spazio, dove poter appoggiare qualcosa.
A questo punto, la casa cessa di essere un rifugio per diventare un luogo che genera stress ed infelicità, diventa un peso non solo fisico, bensì anche mentale e spirituale. È come se la casa ci stesse crollando addosso, si tratta di quella sensazione che non ci permette di concentrarci su nulla e che ci fa lasciare tutto a metà.

Di seguito i consigli del monaco buddista Tulku Thondup:

1# "Chi non si prende cura degli oggetti, non si prende cura nemmeno delle persone". Non dobbiamo dimenticare che ogni oggetto è stato creato grazie al lavoro di qualcuno e, per questo, dobbiamo prestare attenzione e prendercene cura quando è il momento di pulirlo mostrando rispetto e gratitudine per questo lavoro.

2# " Dovremmo essere grati delle cose che ci sono servite". Dobbiamo riciclare quello di cui non abbiamo più bisogno, per fare in modo che qualcuno a cui serve possa continuare ad utilizzarlo.

3# "Se cominciamo quando c'è silenzio, circondati dalla calma, quando ancora la vegetazione e le persone nei dintorni dormono, il nostro cuore si sentirà in pace e la nostra mente limpida". È per questo motivo che dovremmo cominciare a pulire durante le prime ore della giornata, mentre prima di dormire, dovremmo limitarci solamente a riordinare un po', per agevolare il lavoro del mattino successivo.

4# "Dobbiamo aprire le finestre e lasciare che circoli l'aria per tutta la casa prima di cominciare a pulire". L'aria fresca ci farà avere più voglia di pulire e, inoltre, ci permetterà di "entrare in contatto con la fragilità umana, la natura e la forza della vita".

5# " Non lasciare i piatti sporchi di cibo durante la notte". I piatti si lavano quando finisce il giorno e i rifiuti organici si trasformano in compost per le piante. Tutto in casa funziona come un ecosistema.

6# "Quando stai pulendo, pensa solo a ciò che stai facendo in quel momento". Evita che la tua mente divaghi o che si concentri su altre cose. Mantieni la tua attenzione sul "qui ed ora" del compito che stai svolgendo.

7# "Dividi sempre i lavori domestici con gli altri membri della famiglia o con le persone con cui condividi la casa". Così imparerai a dare il giusto valore al lavoro degli altri e capirai che tutti dipendiamo l'uno dall'altro.

Non è un caso che in molte culture e religioni risalti l'importanza della pulizia, per esempio, un discepolo di Buddha disse che raggiunse l'illuminazione mentre spazzava i pavimenti….

  Om Shanti ...E buona pratica !                                   

Il corpo è come uno Yantra!

La forma geometrica è come un catalizzatore delle energie ! Assumere e mantenere la forma dell'Asana per attirare e emanare le energie praniche e cosmiche.

Lo Yoga insegnato secondo la tradizione autentica , si differenzia dalle altre discipline o insegnamenti di tipo pseudo salutistico e sportivo, perché chiede al praticante di usare la mente per agire sul corpo , e usare il corpo come uno strumento della mente.
Il Raja-Yoga rappresenta l'estensione più mentale e meditativa della pratica dello Yoga puramente fisico, come viene considerato quello che riguarda le posizioni e i movimenti di allungamento, tonificazione, e rinforzo del corpo fisico, anche se nello Yoga non c'è mai niente di puramente fisico!

Ma comunque  il presupposto da cui parte il Raja-Yoga, e che il corpo deve essere già stato posto in una condizione di salute e di efficienza tale almeno da poterci permettere  di mantenere una posizione stabile e non disturbata da risentimenti e fastidi, in quanto il corpo è sempre il presupposto e la base su cui costruire la nostra ricerca interiore.

Potremmo mai pensare di concentrare la nostra mente in tecniche respiratorie avanzate di Pranayama o di Concentrazione (Dharana), se dopo pochi minuti la schiena o le gambe ci richiamano alla loro attenzione con dolori o fastidi?
Se occorrono poi non meno di 8-10 minuti per cercare di calmare una respirazione ed una mente già di per sé  svolazzante in mille fantasie tra passato e futuro, con un corpo non stabile e infastidito già dopo pochi minuti …Quale mai potrà essere il risultato del nostro sforzo…?

Quindi è già nella pratica delle posizioni (Asanas) che dobbiamo   fondere la nostra mente ed ancora di più cercare nel simbolo che essa rappresenta, la fonte e lo stimolo per viverla ed eseguirla con un maggiore approfondimento mentale.
Così l'Asana potrà davvero diventare come uno Yantra e cioè : un vero catalizzatore di energie per attirarle emanarle sia verso noi stessi che verso l'esterno.

In questo modo la pratica delle posizioni sarà già esse stessa l'inizio di un approfondimento mentale che aprirà la porta verso il Raja-Yoga.

Gli Yantra sono particolari forme geometriche complesse , da sempre usate anche per la concentrazione e lo sviluppo delle pratiche meditative .
I simboli Yantra , sono sempre costituiti da geometrie che tendono a catalizzare lo sguardo verso il centro della forma , lasciando che la mente si fonda con i colori e i simboli circostanti , fino ad esserne completamente invasa e avvolta , in certo senso come attratta da essa in un vortice che porta verso l'interno e il centro dello Yantra stesso ...

Alcuni dei più conosciuti Yantra :
                            




Ma ricordiamoci però che praticare è più importante che studiare e leggere...Om Shanti
Come stai...?

Ho trovato questo straordinario messaggio sul sito del Maestro Thich Nhat Hanh , un Monaco Buddista Vietnamita , a cui sono molto vicino mentalmente e spiritualmente e vi invito a leggerlo ...fino in fondo se potete !

C’è una domanda molto comune che le persone usano rivolgersi e che, proprio per il suo carattere rituale, di regola viene percepita come una semplice forma di cortesia. Ad essa solitamente si risponde in maniera evasiva, con formule altrettanto di circostanza. La domanda è: “Come stai?”
E’ una domanda che merita più considerazione. Prova a portela: Come stai? Come stai proprio adesso, in questo preciso momento? Prenditi un istante e prova a osservare con calma il tuo corpo e la tua mente: sei davanti al monitor, gli occhi puntati a leggere con qualche sforzo queste parole sullo schermo luminoso, una mano appoggiata sul mouse, le dita pronte a cliccare… Forse la spalla e il collo sono contratti, la schiena un po’ incurvata, il respiro corto… E probabilmente la prospettiva di leggere un testo che da qui si prospetta lungo (su Internet, poi, dove il tempo è denaro!) suscita in te una sottile tensione, un’oscillazione tra la volontà di proseguire la lettura e la tentazione di rimandarla a un momento di maggior freschezza, saltabeccando via in cerca di qualcosa di meno impegnativo.
Niente di sorprendente: piccoli stress di questo tipo non sono per nulla rari, nel corso di una giornata qualsiasi – non parliamo poi di stress ben maggiori… Raro è invece che qualcosa o qualcuno intervenga con un break a farceli notare mentre li stiamo vivendo. Del resto, perché dovremmo perdere tempo in simili futilità?
Una storiella zen racconta di un uomo su un cavallo: il cavallo galoppa veloce, e pare che l’uomo debba andare in qualche posto importante. Un tale, lungo la strada, gli grida: “Dove stai andando?” e il cavaliere risponde: “Non so! Chiedi al cavallo!”.
C’è qualche somiglianza tra questa storia e la nostra: anche noi stiamo cavalcando un cavallo, non sappiamo dove stiamo andando e non ci possiamo fermare. Il cavallo è la forza dell’abitudine che ci spinge in una certa direzione, senza che noi si possa fare niente: corriamo sempre, e correre diventa il nostro modo di vivere. Spesso siamo così indaffarati che ci dimentichiamo cosa stiamo facendo e persino chi siamo. Persi in mille preoccupazioni, rimpianti, paure, sogni a occhi aperti, ci dimentichiamo di guardare e apprezzare le cose che ci circondano, le persone che amiamo, finché non è troppo tardi. Quella che sto vivendo, pensano molti di noi, non è la mia vita vera: quella appartiene al passato, a quando ero giovane, oppure è rimandata a quando avrò più denaro, o una posizione migliore, una casa più grande, la laurea, una fidanzata, un figlio… E nel frattempo viviamo come in un’eterna parentesi, immersi in una bolla di sofferenza opaca di cui neppure ci rendiamo conto, convinti che le condizioni attuali non consentano alcuna vera felicità.
Anche quando abbiamo del tempo libero, non sappiamo come entrare in contatto con ciò che sta succedendo dentro e fuori di noi. Così accendiamo il televisore, prendiamo in mano il telefono, sfogliamo una rivista, apriamo Internet, qualsiasi cosa pur di sfuggire a noi stessi. Combattiamo tutto il tempo, anche durante il sonno. Dentro di noi c’è la guerra, ed è facile che questo faccia scoppiare una guerra con gli altri.
Cambiare questo stato di cose è possibile, se lo vogliamo. La prima cosa che dobbiamo imparare è l’arte di fermarsi: fermare i pensieri, le abitudini, le emozioni forti che ci condizionano. La paura, la disperazione, la rabbia e il desiderio possono essere fermati adottando uno stile di vita più lento, più consapevole. La consapevolezza ci mette in grado di riconoscere la forza dell’abitudine ogni volta che si manifesta.
“Ciao, forza dell’abitudine, so che sei lì!”. Senza aggressività, senza combattere: se solo le sorridiamo, perderà molta della sua carica. La presenza mentale è l’energia che ci permette di riconoscere la forza delle nostre abitudini e impedisce loro di dominarci e di farci soffrire.
In oltre due millenni di storia, le tradizioni del buddhismo hanno messo a punto alcune semplici pratiche che, se inserite nella nostra giornata, possono allenarci a rimanere in contatto con il momento presente, con la vita che si svolge proprio adesso, piena di bellezze e meraviglie: un neonato, un fiore, una nuvola, una stradina sassosa, il sole che sorge nel cielo… Possiamo essere molto felici, se solo siamo consapevoli di ciò che sta davanti a noi :
il respiro consapevole, il camminare consapevole, il mangiare consapevole, il sorriso consapevole.
Se vuoi, puoi provare ad adottarne qualcuna, e vedere che cosa succede nella tua vita. Per saperlo, la domanda da porti è sempre la stessa: “Come stai?”

Come stai, adesso?
Grazie Maestro Thich Nhat Hanh !
www.esserepace.org

Web from : Franco Di Mantova
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